John Carter di Marte - 01 Ciclo Marte by Burroughs Edgar R

John Carter di Marte - 01 Ciclo Marte by Burroughs Edgar R

autore:Burroughs Edgar R. [R., Burroughs Edgar]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-05-25T08:13:36+00:00


Capitolo XXXVIII

LA PRIGIONE DELL'ISOLA DI SHADOR

La guardia mi scortò nei giardini esterni, dove trovai Xodar circondato da una folla di nobili neri. Lo stavano ingiuriando e maledicendo. Gli uomini lo schiaffeggiavano e le donne gli sputavano in faccia.

Quando comparvi, essi rivolsero la loro attenzione su di me.

– Ah – gridò uno di loro, – è questa, dunque, la creatura che ha sopraffatto il grande Xodar a mani nude? Vediamo come ha fatto.

– Fate che tenti di legare Thurid – suggerì una bellissima donna, ridendo. – Thurid è un nobile Dator. Lasciate che Thurid mostri a questo cane che cosa significa affrontare un vero uomo.

– Sì, Thurid! Thurid! – urlarono una dozzina di voci.

– Eccolo che viene – esclamò un altro. Mi girai e vidi un gigantesco nero, appesantito dalle armi e dagli splendidi ornamenti, che si avvicinava, aitante e altezzoso.

– Che cosa succede? – urlò. – Che cosa volete da Thurid?

Subito una dozzina di voci glielo spiegarono.

Thurid si voltò verso Xodar; i suoi occhi erano diventati due fessure che sprizzavano odio.

– Calot! – sibilò. – Ho sempre pensato che avevi il cuore di un sorak nel tuo putrido petto! Spesso mi hai battuto alle riunioni del consiglio segreto di Issus, ma ora, sul campo di battaglia, dove gli uomini sono veramente messi alla prova, il tuo cuore ha rivelato il suo marciume al mondo. Calot, assaggia dunque il mio piede! – E così dicendo, fece per sferrare un calcio a Xodar.

Il sangue mi salì alla testa. Da alcuni minuti ribollivo per il vile trattamento che stavano infliggendo a questo loro compagno, pochi istanti prima potente, perché era caduto in disgrazia al cospetto di Issus. Non provavo simpatia per Xodar, ma non potei resistere a tanta codarda ingiustizia e persecuzione, e vidi rosso come attraverso una nebbia sanguinosa. L'ira mi trascinò ad agire d'impulso, come non avrei fatto se avessi avuto il tempo di riflettere.

Ero accanto a Xodar quando Thurid sollevò il piede per assestargli vigliaccamente un calcio. Il Dator sconsacrato era immobile, in piedi, come un'immagine scolpita nella roccia, pronto ad accettare, in uno stoico silenzio, qualsiasi ignominia i suoi ex compagni avessero deciso, per insultarlo.

Ma mentre Thurid alzava il piede, io feci altrettanto col mio, e gli assestai un colpo tremendo agli stinchi, salvando Xodar dall'estremo insulto.

Per un attimo, vi fu un silenzio angoscioso, poi Thurid con un ruggito mi saltò alla gola, proprio come Xodar aveva fatto sul ponte dell'incrociatore. Il risultato fu identico: schivai il braccio proteso in avanti, e mentre mi passava accanto trascinato dall'impeto, gli piantai un terrificante destro sul lato della mascella.

Il gigante nero girò come una trottola, si piegò sulle ginocchia e si abbatté ai miei piedi come un sacco di patate.

Gli altri neri guardarono sbigottiti il corpo immobile dell'orgoglioso Dator disteso sul suolo, nella polvere vermiglia del sentiero; poi, lentamente, alzarono gli occhi su di me, come se non potessero credere alla possibilità di un simile evento.

– Mi avete sfidato a legare Thurid – gridai. – Guardate! – Quindi mi curvai sulla



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